L’applicazione del principio dello IUS SOLI, tanto caro a immigrati di ogni genere e razza, a politicanti e a prelati, sarebbe l’inizio della fine di quel che resta della società, della civiltà, dei costumi e delle tradizioni dell’Italia e dell’intero Occidente.
Promuovere alla cittadinanza chi nasce in un Paese indipendentemente dalla razza, dallo stato e dalla cittadinanza dei suoi genitori significa assecondare la necessità di popolare un Paese povero di braccia e ricco di estese terre incolte e di risorse economiche.
Una tale abbondanza di risorse ed un tale bisogno di braccia sono esistiti in alcuni Paesi come quelli americani ma oggi non esistono più né in quei Paesi né in Italia e né in Europa e in Occidente.
In Italia e in Europa esistono al contrario povertà di terre e ristrettezza di spazi e cattivo uso e cattiva destinazione delle numerose braccia e delle abbondanti risorse umane che sono però disoccupate.
In Italia e in Europa c’è bisogno di indurre le numerose braccia disoccupate a occuparsi tornando a svolgere lavori di ogni tipo che furono sempre svolti in passato senza repulsione e senza vergogna.
Solo abbassando i toni, ridimensionando il tenore di vita e i consumi ed eliminando stravaganze ed eccessi si potrebbe tornare a un modo di vivere sano, sostenibile, in linea con quanto può offrire la realtà e non conquanto finora ha preteso l’egoismo individuale e collettivo.
Solo così facendo si può salvare quel che resta delle tradizioni e ripristinare l’identità e la coesione di un popolo.
Si deve cioè fare il contrario di quel che pretendono politicanti, immigrati, prelati e ministri neri.
E per avere un’idea di quel che diciamo e che può avere riscontro nel passato, basta leggere qualche libro che le casi editrici si guardano bene dal pubblicare anche perché rientra tra i libri che secondo loro “non si vendono”.
Si può leggere tra l’altro:
- Francesco Caracciolo, L'integrazione dell'«arcipelago migratorio» in Occidente, pp. 168;
- Francesco Caracciolo, Come muore una civiltà e come sta morendo la nostra, pp. 408;
- Francesco Caracciolo, Mali estremi, pp. 176;