Recensione
a Carlo Massoni, Il sentiero bianco. L’altra storia della Vera Croce, Edizioni Efesto, Roma, 2023, pp. 280.
Nei primi decenni del secolo VII d.C., vastissimi territori che si estendono dalle coste orientali del Mediterraneo verso l’interno di tre continenti sono teatro di profondi sconvolgimenti.
Tre potenze dominano in tre aree molto diverse per tradizione, costumi e religione. A nord l’impero romano d’oriente in perenne lotta con il regno persiano dei Sasanidi che si estende ad oriente e in continua difesa da un temibile aggressore, l’Islam, e il suo agguerrito esercito.
In quei primi decenni, i Sasanidi conquistano Gerusalemme dominio dell’impero di Costantinopoli e sottraggono reliquie preziose là custodite. Non ne restano a lungo in possesso.
Nel 626, Eraclio, imperatore dei romani, se ne appropria, sconfiggendo i Persiani in una cruenta battaglia. Il successo è temporaneo, Negli anni seguenti, il suo prestigioso impero abbandona città e territori all’aggressione di potenti e agguerriti emiri e califfi arabi.
Nell’anno 636, gli Arabi hanno già conquistato e stanno per conquistare altri territori e città delle due potenze nemiche. In quell’anno si svolgono le numerose e complesse vicende che sono oggetto del romanzo storico, Il sentiero bianco, di Carlo Massoni, medico chirurgo ortopedico, appassionato cultore delle civiltà greca e latina.
Per rendere vive e attraenti tante vicende, Massoni entra, scruta e riferisce quanto avviene nelle tre aree. È impresa difficile, ma egli riesce a cogliere l’atmosfera, i costumi e il comportamento dei protagonisti profondamente diversi nelle tre aree. In esse, ambiente, rapporti umani e sociali e relativi comportamenti dei protagonisti poggiano su fondamenti radicalmente diversi. Inconciliabili sono le tre fedi religiose. Inconciliabile è il conseguente comportamento dei fedeli. Inesorabili e violenti gli islamici, che puniscono la mancanza di un subordinato con feroci e fredde esecuzioni capitali (pp. 185 sgg.).
Astuti e accomodanti ma fermi gli imperiali, dediti al martirio e al sacrificio della loro vita al fine di custodire segreti e di portare a termine gli impegni presi. (pp. 113 sgg).
Da numerosi dialoghi, da racconti e da puntuali descrizioni di luoghi e di personaggi che fa l’autore emergono le radicali differenze ambientali delle tre aree. Dalle stesse fonti scaturiscono supposizioni, progetti, rievocazioni della condotta di particolari personaggi, di episodi del presente e del passato e di avvenimenti storici raccontati con encomiabile precisione di termini e conoscenza dei luoghi. A tanta ricchezza di fatti e di situazioni si aggiunge la ricorrenza di un simbolo ambìto da tutti, un simbolo che sovrasta, che diviene un leitmotiv nei discorsi della maggior parte dei protagonisti del romanzo e, per scopi diversi e opposti, coinvolge autorità e poteri operanti nelle tre aree. Ognuno dei contendenti è alla ricerca dei frammenti della Vera Croce di Cristo e dei preziosi del Santo Sepolcro trafugati durante il trasporto da Gerusalemme a Jaffa e nascosti non si sa da chi. Dall’imperatore dei romani al funzionario, al militare nell’area cristiana. Dal califfo all’emiro, al cavaliere nell’area musulmana. Dal sovrano al soldato nell’area persiana. Tutti inseguono quel simbolo e, per scopi diversi, cercano di venirne in possesso. E questa ininterrotta e spasmodica ricerca accende la curiosità e attrae l’attenzione del lettore fino alle ultime pagine del romanzo.
I cristiani sentono che la scomparsa di quei frammenti li priva di una parte di sé, di insostituibili preziose reliquie, di fondamentali testimonianze della loro religione, della loro fede, del loro conseguente prestigio e del connesso potere politico. «[...] il nostro compito è quello di ritrovare e recuperare, ad ogni costo, le sacre reliquie di Gerusalemme. – dice il generale Niceta Dusmanis a due giovani ufficiali dell’esercito imperiale –. L’imperatore teme che, in mani ostili, i simboli stessi della cristianità possano diventare un’arma terribile per demoralizzare ancor di più il nostro esercito e sobillare alla rivolta i popoli nostri vassalli.» (p. 33).
I musulmani cercano anch’essi le reliquie scomparse e, per esigenze politiche e di potere, ne ambiscono il possesso a tutti i costi allo scopo di servirsene nella lotta contro il nemico. «L’affare della Vera Croce è molto pericoloso [...]. – spiega il consigliere Haaryn all’emiro Abdul –. Non dovete temere, – replica l’emiro – sono perfettamente cosciente che rappresenta
un simbolo di fede e di potere difficile da gestire. Io però la bramo sopra ogni cosa [...]! La Vera Croce costituirà una dote così preziosa che anche il Califfo non potrà più opporsi alla mia ascesa personale.» (p.195). E in altra circostanza, lo stesso emiro immagina che il possesso dei frammenti scomparsi lo avrebbe messo in condizione di fare della propria regione «il centro di un nuovo potere e [di] governare sia le ricche province bizantine appena conquistate, che i territori residuali dell’impero sassanide.» (p. 65).
Nelle tre opposte aree impera il comune scopo di ritrovare le sacre reliquie cristiane e di appropriarsene. In quelle tre aree in reciproca lotta aperta, opera una quarta potenza. A differenza delle tre potenze in lotta tra loro, essa è occulta, sfuggente e non individuabile; ha e
mantiene con loro proficui rapporti, sia con quella vincitrice che con la vinta. Per imperare, si avvale di una rigorosa organizzazione strutturata a piramide che fa capo a un misterioso e temibile personaggio, un innominato o sommessamente nominato l’Oracolo. Occulta e verticistica, essa ha il solo compito di proteggere e garantire la sopravvivenza di un mondo di cui è il braccio armato. Ed essa protegge e difende il capitale e il profitto, beni che si realizzano mediante ininterrotti traffici e affari. Mira così a perpetuare la loro sussistenza e il loro successo in ogni caso, anche in quello della prevedibile vittoria dei musulmani. Anche in tal caso, il capitale e il profitto continueranno a impinguarsi.
«Non solo i nostri affari non risentiranno del nuovo assetto politico della provincia – spiega un ricco mercante all’interlocutore Zaya – ma addirittura abbiamo l’opportunità di ottenere un prezzo maggiorato per ogni schiavo che mandiamo a Costantinopoli e Tessalonica! Come ho lautamente pagato i funzionari imperiali lo stesso farò con i nuovi venuti [gli arabi]» (pp. 72-73).
Con molto intuito e capacità inventiva, Massoni ricrea numerosi episodi in puntuali e dettagliate descrizioni e ci offre un interessante romanzo storico in cui si configurano fatti e personaggi in un ambiente inedito.
Francesco Caracciolo